Il 26 febbraio un’imbarcazione di legno si è spezzata ed è naufragata davanti alle coste calabresi: i morti recuperati finora sono 62, tra cui almeno dodici bambini e un neonato, ma potrebbero essere centinaia. Il naufragio è avvenuto a Steccato di Cutro, vicino a Crotone. La barca trasportava almeno 170 persone ed era partita quattro giorni prima da Izmir, in Turchia.

Secondo quanto ricostruito da un comunicato della guardia di finanza, l’imbarcazione era stata avvistata da un velivolo di Frontex la sera prima del naufragio, sabato 25 febbraio, intorno alle 22.30. Per Sergio Scandura di Radio Radicale, sedici ore prima dell’avvistamento di Frontex la centrale operativa della guardia costiera italiana aveva già diramato un allarme, ma senza dare le coordinate esatte dell’avvistamento. Poi nella notte erano intervenute due imbarcazioni della guardia di finanza, ma erano dovute rientrare a causa del maltempo.

Molti analisti si chiedono come mai non siano intervenuti i mezzi della guardia costiera. Per Scandura, dal comunicato della guardia di finanza sembrerebbe che i naufraghi fossero stati considerati dei “migranti irregolari” e non dei “naufraghi”, e quindi che sia stata decisa un’operazione di polizia, non una vera e propria operazione di salvataggio, come dovrebbe avvenire in questi casi. Un cambiamento di approccio rispetto al passato, quando nel tratto di costa calabrese spesso sono intervenuti mezzi di soccorso della guardia costiera e della guardia di finanza, anche a molte miglia dalla costa.

La dinamica

Probabilmente l’imbarcazione ha colpito uno scoglio, perché i sopravvissuti non riportano segni di ustioni, secondo il team di Medici senza frontiere (Msf) che li sta assistendo. Alcuni sono stati ricoverati all’ospedale di Crotone, altre al Centro di prima accoglienza (Cara). “C’è una donna che è molto provata perché ha perso il marito, poi c’è un ragazzo afgano di sedici anni che ha perso la sorella di 28 e non ha il coraggio di dirlo ai genitori. Erano arrivati entrambi a nuoto sulla spiaggia, ma la sorella è morta. Quasi tutti i sopravvissuti hanno perso un familiare”, ha dichiarato Sergio Di Dato, responsabile di Msf a Crotone, che ha attivato un servizio psicologico per i sopravvissuti.

I naufraghi hanno raccontato di essere partiti da Izmir, percorrendo una rotta che da qualche anno si è riattivata e rappresenta il 15 per cento degli arrivi in Italia: la rotta che parte della Turchia e arriva in Calabria. Una tragedia di queste dimensioni non avveniva sulle coste italiane dal 2013, prima cioè della missione di ricerca e soccorso Mare nostrum. Il ministro dell’interno Matteo Piantedosi ha visitato la spiaggia dove vanno avanti le ricerche dei corpi e ha tenuto una conferenza stampa: parlando di “vocazione alla partenza” per il fatto che i migranti hanno continuato a mettersi in mare nonostante l’inverno e le cattive condizioni del mare, ha sottolineato che una delle priorità del governo è proprio quella di fermare le partenze.

Si tratta di una strage che era purtroppo ampiamente prevedibile, perché il tempo era in peggioramento, mentre le partenze dalla Turchia, dalla Tunisia e dalla Libia non si sono fermate mai, nonostante la militarizzazione del Mediterraneo, gli accordi con Tripoli e con Ankara e l’assenza in mare di navi di soccorso.

A soccorrere ormai non c’è più nessuno come conseguenza della campagna di criminalizzazione che va avanti dal 2017 e che si è inasprita ulteriormente con l’ultima legge anti ong approvata il 23 febbraio dal governo Meloni. In questo caso, c’è da capire come mai la guardia costiera non sia intervenuta alla ricerca dell’imbarcazione, nonostante fosse stata avvistata ore prima.

 

Fonte: Internazionale