Non pensai a nulla, rimasi in ascolto. Le cose che ti toccano a fondo non te ne accorgi lì per lì. Le cose che ti lavoreranno dentro per anni, per tutta la vita, le accogli così a bocca aperta, imbambolato a guardarti intorno, come a volergli dare il tempo di installarsi in profondità. Nemmeno lo sai che succede, ma da quel momento in avanti sei un po’ diverso.
Maicolgecson, Paola Soriga
É passato un anno dall’inizio del tirocinio e poco meno dalla sua fine.
L’ultimo giorno sono entrata in ufficio con un groppo alla gola grosso come una palla da basket. Il giorno dei saluti. Il giorno in cui i nostri cammini si sono separati, ma anche nel quale non si sarebbero separati mai. Il mio secondo Cammino di Santiago.
E adesso? Cosa si fa con tutto questo bel malloppone di entusiasmo?
In tutto questo tempo non ho mai considerato i miei colleghi. Solo a fine percorso mi sono resa conto di cosa significhi lavorare con le persone, di quanta forza necessiti. Ottocento richieste da fare tutte ora e insieme. Il distacco emotivo anche con una grande empatia. La collaborazione. L’ascolto. Solo ora che sono costretta a salutare quegli occhi, quei volti, mi accorgo di quanto mi abbiano segnata. Il mio zaino di vita si è riempito.
É preziosa la cura degli altri e verso gli altri. E’ un legame tra alunno e insegnante: c’è un accompagnamento, una dedizione, una partenza. Si assiste alla costruzione di tanti percorsi unici, poi l’autonomia, l’indipendenza. C’è gioia e c’è dolore. C’è una vita intera, una quotidianità.
Ho fatto lezione con Hassan quel giorno di maggio. Dovevo correggere i suoi compiti di italiano. Aveva comprato un libro di testo di sua sponte e aveva svolto tutti gli esercizi. «Dove andrai adesso?».
Come faccio a saperlo? Grazie a quest’esperienza ho nuovi occhi attraverso cui osservare la realtà. Il trampolino di lancio dei ragazzi ma anche degli operatori ad ogni percorso concluso e ogni nuovo iniziato. «Non lo so Hassan, ma sicuramente vi porterò con me».
Un po’ di mesi dopo…
La chiamata.
Sei interessata a lavorare con noi?
Fin da quando sei bambino ti chiedono cosa vuoi fare da grande. Io da bambina volevo fare le Olimpiadi, non importava in quale disciplina. Volevo essere un atleta solamente in quel preciso momento ogni quattro anni. Chiaramente un sogno realizzabile in questi termini. E se ora rispondessi che voglio fare questo nella vita? Che ho trovato il mio posto nel mondo?
Oggi sono sette mesi che sono entrata nell’organico di Tra Me. Sono cambiate tante cose rispetto alla mia posizione, c’è una responsabilità diversa. Adesso lavoro a Chieri, ho nuovi colleghi e nuovi ospiti. C’è una progettualità diversa. Ma la sensazione è sempre quel malloppone di entusiasmo.
I ragazzi di Carignano li sento ancora. Alcuni sono usciti dal progetto, altri si sono trasferiti e altri ancora sono sempre lì. Mi hanno insegnato come si accoglie, loro a me. Hanno accompagnato il mio percorso di tirocinante. Mi hanno fatto spiccare il volo. Sono stati i miei insegnanti e io la loro allieva.
Ci sono presenze che rimarranno indelebili.
E li ringrazio per questo, perché mi hanno cambiato la vita.
Adele De Pasquale