Archiviata la stagione invernale, ridimensionata l’emergenza Covid, la rotta balcanica è destinata a tornare di attualità. Frontex negli ultimi dati forniti ad aprile, ha certificato una situazione molto allarmante con numeri relativi a questa rotta paragonabili a quelli della tratta del Mediterraneo centrale. Il problema potrebbe riguardare anche l’Italia. Infatti il Friuli Venezia Giulia registra importanti flussi in ingresso dalla Slovenia.
Quella rotta mai chiusa del tutto
Di rotta balcanica si è iniziato a parlare nel 2016. Per la prima volta le porte d’Europa sono state messe sotto pressione sul fronte terrestre e non su quello mediterraneo. Soltanto in Germania, più di mezzo milione di migranti siriani a cavallo tra il 2015 e il 2016 è riuscito ad entrare anche grazie alle politiche di accoglienza del governo di Angela Merkel. In quei mesi è nata la forte contrapposizione ancora esistente in Europa tra la posizione della commissione e quella dei Paesi del cosiddetto “blocco di Visegrad”. Questi ultimi hanno sbarrato le frontiere, impedendo la risalita della carovana di migranti. Tutto ha avuto origine dalla Turchia. Da qui migliaia di persone provenienti soprattutto dal medio oriente hanno iniziato a premere lungo i confini con la Grecia. Poi interi gruppi risalivano la penisola ellenica giungendo nei Balcani. L’obiettivo era raggiungere il nord Europa.
A fine 2016 la Germania ha cambiato linea. Berlino ha decretato un deciso stop all’accoglienza di massa ed ha spinto l’Europa a trattare il governo di Ankara. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è riuscito a strappare un accordo da tre miliardi di Euro all’anno per chiudere i confini. Da lì in poi la rotta balcanica è tornata ad essere quasi nell’anonimato. Ma negli anni di migranti, seppur in misura di gran lunga inferiore, ne sono partiti. La tratta è sempre la stessa: si arriva in Grecia dalla Turchia e poi si risale l’intera penisola balcanica. Da diverso tempo il tragitto si è però leggermente modificato: le carovane passano dalla Bosnia e vedono nel confine croato il primo avamposto dell’Ue verso cui arrivare. Questo ha trasformato Zagabria nel Paese europeo di primo approdo della rotta balcanica.
“La situazione al confine croato è vergognosa”
Frontex nei giorni scorsi ha lanciato l’allarme. L’agenzia europea sul controllo dei confini ha quantificato il numero di migranti entrato in Ue tramite la rotta balcanica in questo 2021: dal primo gennaio al 30 aprile si parla di qualcosa come 11.600 persone, una cifra non lontana da quella riguardante il Mediterraneo centrale. Soltanto ad aprile i migranti entrati dalla Croazia sono stati 3.100, 33 volte in più rispetto allo stesso mese del 2020. E questo nonostante il pugno duro di Zagabria: “L’inverno appena trascorso, in piena stagione pandemica, ha rappresentato una delle pagine più vergognose della storia europea – ha tuonato su InsideOver il ricercatore Francesco Trupia – migliaia di rifugiati e migranti sono stati lasciati nelle vicinanze del confine croato sul versante bosniaco, senza una protezione umanitaria, in pessime condizioni igienico sanitarie, senza nessuno screening per l’infezione da Sars-Cov-2, e sotto le ingiustizie della polizia di frontiera croata e bosniaca”.
Trupia per anni ha lavorato nei Balcani e conosce molto bene la situazione. Secondo il ricercatore, quanto accaduto lungo il confine croato ha sì destato l’attenzione dell’Europa, ma nella regione per adesso le priorità sono altre: “Soprattutto dopo la pubblicazione dei “non-papers” da parte di alcune agenzie locali – ha sottolineato – il tema dell’immigrazione all’interno della regione balcanica è sicuramente passato in secondo piano”. Il riferimento è a quel documento, attribuito al premier sloveno, in cui si parla di rimodulazione dei confini della Bosnia. Argomento delicato, il quale però non può cancellare quanto sta accadendo sul fronte migratorio: “La situazione lungo le frontiere bosniaco-croate, ma anche in Turchia – ha concluso Francesco Trupia – si potrebbe improvvisamente riaprire una nuova crisi sulle sponde delle isole greche e il confine greco-bulgaro”.
Sul perché dell’impennata degli arrivi lungo la rotta balcanica e sui motivi circa una possibile nuova emergenza in estate, al momento non esiste univoca risposta. Dagli ambienti di Frontex non ci si sbilancia. Fonti diplomatiche puntano il dito sulla perdurante crisi economica innescata dal Covid, ma c’è anche chi vede nei nuovi numeri allarmanti della tratta l’azione politica di una Turchia che vuole battere ulteriormente i pugni in Europa.
Quei numeri che preoccupano il Friuli Venezia Giulia
Una nuova crisi potrebbe coinvolgere anche l’Italia. Il nostro Paese, già alle prese con l’aumento di sbarchi lungo le coste siciliane, potrebbe vedere nel confine tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia una sorta di “nuova Lampedusa”. Sì perché dopo il confine tra Croazia e Bosnia c’è la Slovenia e bastano pochi chilometri poi per giungere nel nostro Paese. Dall’inizio dell’anno ad oggi, secondo i dati della regione Friuli, sono stati 1.300 gli stranieri arrivati sul territorio friulano. Una situazione che potrebbe far presagire l’inizio di un fenomeno che, per i prossimi mesi, terrà alta l’attenzione. Fino ad oggi infatti a rallentare i movimenti migratori verso l’Italia settentrionale sono stati due fattori: il rigido inverno da una parte e l’emergenza sanitaria all’altra. La rotta seguita dai migranti attraverso i suoi terreni montuosi, durante la stagione invernale è pressoché impraticabile a causa del ghiaccio e delle rigide temperature. Il tutto, fino ad ora, è stato aggravato anche da una situazione sanitaria poco favorevole agli spostamenti a causa della pandemia.
Ne sanno qualcosa in Croazia: qui, come raccontato da Francesco Trupia, le frontiere sono state sigillate e i migranti rimandati in Bosnia dove hanno trovato riparo in posti di fortuna. Ma attenuatosi il periodo dell’emergenza Covid e arrivata la stagione delle belle temperature, ecco che le partenze stanno iniziando nuovamente a far sentire il loro peso. Lo scorso anno, nel solo Friuli Venezia Giulia, si è arrivati a registrare mille migranti in ingresso al mese e, sulla base dei nuovi movimenti, si teme che si raggiungano presto questi ritmi. A Udine, lì dove all’interno dell’ex caserma Caverzerani nel 2020 è stato allestito il principale hub per i migranti, ci si prepara al peggio. In allerta anche le province di Trieste e Gorizia.
Cosa succede alle frontiere
Se dall’altra parte dell’Italia, a Lampedusa nello specifico, l’arrivo dei migranti che seguono la rotta del Mediterraneo centrale viene segnalato dall’intercettazione di barchini e gommoni, nel Friuli Venezia Giulia l’arrivo degli stranieri viene preannunciato dall’individuazione di gruppetti di individui che camminano all’ingresso delle città. Spaesati, confusi e a tratti anche impauriti, i migranti temono di essere scoperti dalle Forze di polizia per essere poi rimpatriati. Si tratta in prevalenza di gente che ha percorso a piedi numerosi chilometri e che, in prossimità del monte Cocusso, posto al confine tra l’Italia e la Slovenia, preannuncia il momento dell’arrivo. È proprio qui infatti che i protagonisti del viaggio della speranza ricevono l’ordine da parte dei trafficanti di cambiarsi gli indumenti per essere più simili agli italiani e dare meno all’occhio delle Forze dell’ordine. Poi o giungono a destinazione da soli oppure, come spesso accertato dagli inquirenti, attraverso passeur che li nascondono nei furgoni per lasciarli andare nel momento più opportuno. Ma sulle città di frontiera lo schieramento di polizia, carabinieri, guardia di finanza e militari è imponente: difficile passare senza creare sospetti e senza essere sottoposti ad identificazione.
Tuttavia su quanto sta accadendo lungo la frontiera c’è un’incognita che riguarda proprio i respingimenti. Nel 2020 sono stati oltre 1.300 i migranti rimandanti indietro perché entrati irregolarmente nel nostro territorio tramite la rotta balcanica. Adesso respingere sarà più difficile. A Roma infatti un giudice della procura capitolina ha definito i respingimenti alla frontiera “illegittimi”. Questo dopo un racconto, rivelatosi poi falso, di un migrante pachistano che ha dichiarato di essere stato picchiato dai poliziotti italiani. La prospettiva, in vista dell’estate, è l’emergere tra i migranti di un passaparola che veda nell’Italia un Paese da cui non si può essere respinti. Una circostanza che potrebbe alimentare ulteriori difficoltà nella gestione della tratta.