Il 23 settembre è stato finalmente pubblicato l’attesissimo Nuovo Patto europeo sulla migrazione e l’asilo. Si tratta di un pacchetto di riforma, che modifica ed integra gli atti che compongono attualmente il sistema comune europeo di asilo, introducendo nuovi meccanismi.
Il Patto si compone di una comunicazione della Commissione, in cui sono spiegate le ragioni delle misure presentate ed illustrati gli elementi di novità e i cambiamenti apportati, e di nove strumenti: cinque proposte di regolamento, che segnalano la volontà di assicurare un’applicazione uniforme negli Stati membri, scevra da filtri o interventi nazionali, oltre ad atti di carattere non vincolante e di orientamento (3 raccomandazioni, 1 linea guida). La Commissione ha, inoltre, predisposto una roadmap per l’attuazione, da cui si deduce l’auspicio che gran parte delle misure possano essere adottate entro il 2021.
Il nuovo quadro giuridico non sostituisce tutte le proposte di riforma presentate nel 2016 e, anzi, per quelle ad uno stadio negoziale avanzato, ne sollecita la prossima adozione. Solo le proposte di regolamento c.d. Dublino IV e di regolamento c.d. procedure sono oggetto di nuove iniziative, preso atto della diversità di posizioni emerse e dell’inconciliabilità delle stesse.
Numerosi gli interventi contenuti nei vari atti, che delineano un quadro giuridico nuovo, meritevole di attenta analisi e riflessione (per la quale si rinvia a successivi contributi). Evidentemente la maggiore attenzione è rivolta all’attesa riforma del c.d. sistema Dublino. Nonostante il cambio di denominazione (diventa adesso il nuovo “regolamento sulla gestione dell’immigrazione e asilo”), resta valido l’impianto complessivo nelle situazioni ordinarie. La ben nota struttura, fondata su criteri gerarchici funzionali all’identificazione di uno Stato membro competente all’esame della domanda di protezione e che porta ad identificarlo nello Stato di primo ingresso in caso di inapplicabilità dei precedenti, non viene intaccata, seppur con qualche novità (il lungamente invocato nuovo criterio del possesso di un diploma o di una qualifica rilasciata da uno Stato membro, l’ampliamento del novero dei familiari, la competenza in caso di sbarco a seguito di operazioni di salvataggio). L’elemento innovativo risiede nell’integrazione con un nuovo meccanismo di solidarietà (parte IV), che prevede una redistribuzione a favore degli Stati membri sotto pressione o in caso di operazioni di ricerca e salvataggio, venendo tuttavia consentito agli Stati membri refrattari di optare per una sponsorizzazione dei rimpatri, a sostegno dei Paesi maggiormente interessati dai flussi, sempreché sia possibile procedere effettivamente al rimpatrio entro un termine di otto mesi. Il quadro è completato da un nuovo meccanismo inteso ad “affrontare in modo efficace le situazioni eccezionali di crisi”, che dovrebbe sostituire la mai utilizzata direttiva sulla protezione temporanea, in relazione alle situazioni di afflusso massiccio di dimensioni e natura tali da rendere non funzionale il sistema di asilo, accoglienza o rimpatrio di uno Stato membro e da avere gravi conseguenze sul funzionamento del sistema comune europeo di asilo. Altra novità significativa è la previsione di una procedura di verifica alla frontiera (pre-entry screening), applicabile tra l’altro nei confronti di quanti siano sbarcati a seguito di un’operazione di salvataggio o di quanti giungano alle frontiere esterne, sprovvisti dei requisiti per l’ingresso, e ivi richiedano la protezione internazionale. Essa è finalizzata all’identificazione e a verifiche sulla sicurezza e sulle condizioni di salute, nonché ad assicurare un più rapido avvio e svolgimento delle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale ovvero di rimpatrio.
L’elaborazione del nuovo Patto è stata preceduta da consultazioni tecniche e con il Parlamento europeo, con gli Stati membri, con un’ampia varietà di soggetti interessati della società civile, delle parti sociali e delle imprese. Inoltre, la Commissione ha tenuto conto di quanto emerso nei dibattiti relativi alle proposte del 2016. In ogni caso, adesso si apre una complessa fase di negoziato tra gli Stati membri e a livello intersistituzionale: il Patto presenta elementi di continuità ed altri di assoluta novità e segna evidentemente il tentativo di superare le profonde divergenze esistenti in ordine alla riforma del sistema Dublino, introducendo uno schema flessibile, che contempera interventi diversificati, obblighi ed opzioni. Occorrerà capire se con questo approccio si troverà un punto di incontro. Scontentare tutti, per accontentare tutti insomma.