Il Rapporto annuale del Centro Astalli fotografa gli effetti dei decreti sicurezza sui richiedenti asilo. Le attività con oltre 20mila persone in 7 sedi territoriali mostrano la necessità crescente di servizi di bassa soglia a scapito dei progetti di inclusione
Per molti non c’era bisogno del coronavirus, l’emergenza e la povertà hanno caratterizzato anche il 2019. Il Centro Astalli, sede italiana del servizio dei gesuiti per i rifugiati-JRS, presenta oggi il Rapporto annuale 2020, con i dati che si riferiscono allo scorso anno, l’anno dei respingimenti, dei decreti sicurezza e della riformulazione della rete degli Sprar. Le decisioni politiche hanno cambiato subito e spesso in maniera drammatica la vita di molte persone, che si sono viste negare l’accesso alla protezione e il riconoscimento del loro status legale, aumentando così la precarietà.
A presentare il rapporto è stato padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, con Filippo Grandi, Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, intervenuti insieme al cardinale Mario Zenari, Nunzio Apostolico in Siria. Uno sguardo d’insieme, alla realtà italiana, nella quale è mutato l’approccio politico ai migranti, e a quella estera, dalla quale non si può prescindere per comprendere la necessità di chi attraversa il Mediterraneo per chiedere aiuto e protezione.
Il rapporto descrive le attività del Centro Astalli al fianco di oltre 20mila rifugiati e richiedenti asilo, con dati sui servizi offerti e su nazionalità e status. “Le politiche migratorie, restrittive, di chiusura – se non addirittura discriminatorie – che hanno caratterizzato l’ultimo anno – vi si osserva – acuiscono precarietà di vita, esclusione e irregolarità. Il quadro che ne emerge dice quanto oggi sia alto il prezzo da pagare in termini di sicurezza sociale per non aver investito in protezione, accoglienza e integrazione dei migranti”.
Non solo si sono respinte le persone, ma si è smantellata la rete che aveva cercato di accogliere e includere chi era riuscito ad arrivare e, denuncia il Centro Astalli, anche prima dell’emergenza è sparito dalle agende politiche il tema dell’integrazione, rimasta soltanto tra chi, nel Terzo settore, continua a lavorare. Il Rapporto contiene dati e statistiche sui servizi offerti alle 20.000 persone incontrate dal Centro Astalli grazie agli oltre 500 volontari che operano nelle sue 7 sedi territoriali (Roma, Catania, Palermo, Vicenza, Trento, Padova, Napoli). “In tutti i servizi del Centro Astalli – si sottolinea – si sono fatti sentire gli effetti dell’entrata in vigore dei decreti sicurezza. L’abolizione della protezione umanitaria, il complicarsi delle procedure per l’ottenimento di una residenza e dei diritti che ne derivano, e più in generale il moltiplicarsi di oneri burocratici a tutti i livelli, escludono un numero crescente di migranti forzati dai circuiti dell’accoglienza e dai servizi territoriali”.
Più richieste per servizi di bassa soglia
Se fino a due anni fa chi si occupava di accoglienza poteva anche investire in formazione e integrazione, nel 2019 spesso ha dovuto concentrarsi soprattutto su servizi di base. “La richiesta di servizi di bassa soglia (mensa, docce, vestiario, ambulatorio) è alta in tutti i territori si legge nel Rapporto – Oltre 3.000 utenti hanno usufruito della mensa di Roma: tra loro ben il 35% è titolare di protezione internazionale. Sono persone che, uscite dall’accoglienza assistita, sono state costrette a rivolgersi nuovamente alla mensa in mancanza di alternative. Il centro diurno a Palermo ha accolto 850 nuovi utenti. A Trento per far fronte ai tagli ai servizi sociali è nato il progetto una “Comunità Intera”, un servizio di accoglienza e assistenza a cui si sono rivolti oltre 250 richiedenti asilo e rifugiati senza dimora”.
La preoccupazione per chi non ce la fa
“Nel 2019 migliaia di migranti hanno vissuto confinati in una sorta di limbo. Dimenticati nelle carceri libiche, nei campi delle isole greche o persino sulle navi che li hanno soccorsi, lasciati in balìa delle onde per giorni mentre l’Italia e gli altri Stati dell’Unione europea ingaggiavano un vergognoso braccio di ferro su chi dovesse accogliere poche decine di persone. Solo 11.471 migranti sono approdati in Italia (facendo registrare un calo di oltre il 50% rispetto al 2018 e del 90% in relazione al 2017)”. Il Centro Astalli denuncia che la maggior parte di chi non è arrivato in Italia è finito nei lager delle carceri libiche (almeno 8.406 persone). Delle condizioni dei centri libici definite “inaccettabili” anche dall’Onu, chi viene soccorso porta i segni indelebili: “Circa il 35% dei pazienti che si sono rivolti al progetto Salute migranti forzati sono risultati vittime di tortura o maltrattamenti, di tratta, di mutilazioni genitali femminili e portatori di disturbi post-traumatici. Nell’ascolto delle storie personali è emersa in maniera drammatica la rappresentazione dei centri di detenzione libici: luoghi fortemente traumatizzanti, dove torture e violenze di ogni tipo vengono esercitate quotidianamente su uomini e donne inermi, lasciando profonde ferite nei corpi e nelle menti”.
L’interruzione dei percorsi di accoglienza
Il cambiamento di molte delle norme che riguardano le richieste di permesso di soggiorno hanno aumentato le difficoltà burocratiche. Dice il Rapporto: “Nel 2019 è aumentato il numero di accessi al centro d’ascolto di Roma (+29%), soprattutto da parte di persone che, con l’abolizione della protezione umanitaria, si sono trovate all’improvviso nella condizione di poter perdere il permesso di soggiorno. Rispetto all’anno scorso gli utenti che si sono rivolti al servizio sprovvisti di documenti validi sono notevolmente aumentati (+79%)”. Conseguenza immediata è stata che anche chi vive in Italia da tempo ha perso alcune tutele, come l’assistenza sanitaria pubblica.
La trasformazione radicale del sistema di accoglienza ha poi escluso dall’accoglienza Siproimi (ex Sprar) i richiedenti asilo e i titolari di permesso per motivi umanitari. “La riduzione dei servizi sociali nei centri accoglienza straordinaria (Cas), ha reso più difficoltosa l’emersione e la cura tempestiva delle vulnerabilità. Non a caso nei centri gestiti dal Centro Astalli in convenzione con il Siproimi, rispetto all’anno precedente, il numero degli ospiti vulnerabili è salito in proporzione dal 30 al 40%”. Di fatto, si sottolinea ancora è stato sempre più difficile offrire e motivare nell’investimento di tempo per la formazione cosa che “va a scapito della qualità del futuro in Italia”.
Nonostante l’integrazione sia un tema sparito dalle agende politiche “il Centro Astalli continua a ritenere che investire nell’integrazione sia una priorità, anche se nel 2019 abbiamo trovato meno sostegno su questo tema da parte delle istituzioni. Nel corso dell’anno il servizio di accompagnamento all’autonomia a Roma ha sostenuto 349 persone. Anche a Catania lo sportello lavoro ha registrato un aumento significativo triplicando in un anno il numero degli interventi effettuati. 200 persone (singoli e nuclei familiari) sono state accolte nell’ambito del progetto Comunità di Ospitalità che il Centro Astalli gestisce in collaborazione con 30 congregazioni religiose a Roma, Trento, Vicenza, Padova”. Non soltanto: nel 2019 è nato il Centro Matteo Ricci che offre al suo interno due servizi diversi: l’accoglienza di 20 donne rifugiate e lo Spazio Inclusione, un progetto dedicato ai migranti forzati, con una particolare attenzione ai più giovani e ai più vulnerabili, per offrire loro l’opportunità di acquisire nuove competenze. Il Centro Matteo Ricci vuole essere un luogo di incontro, di dialogo e di creazione di nuove opportunità che coinvolgano migranti, singoli cittadini, associazioni, enti pubblici e privati per costruire insieme una comunità più coesa e aperta, dove la diversità possa essere risorsa per il bene comune.
Ad arricchire la pubblicazione del Rapporto quest’anno c’è anche un inserto “Rifugiati: ai confini dell’umanità” con le foto di Francesco Malavolta. Si tratta di un racconto fatto di immagini di migranti lungo le rotte del Mediterraneo: salvataggi in mare, fatica, viaggi in cerca di salvezza di uomini e donne che ci portano in dono il coraggio e la speranza in un futuro insieme. Le foto sono commentate da Alessandro Bergonzoni, Melania Mazzucco, Luciano Manicardi.
Fonte: Repubblica