Al netto delle polemiche sulle politiche d’accoglienza, c’è un numero che parla forte e chiaro: 300 milioni di euro. È quanto gli immigrati ciregalano ogni anno con il loro lavoro e i loro contributi.
A dirlo è il presidente dell’Inps, l’economista Tito Boeri, riferendo che in molti casi i contributi non si traducono in pensioni. In Italia gli immigrati versano ogni anno 8 miliardi di contributi sociali e ne ricevono 3 in termini di pensioni e altre prestazioni sociali, con un saldo netto di circa 5 miliardi. Circa un punto di Pil di contributi sociali non viene impiegato per erogare le pensioni, vale a dire circa 300 milioni.
«Abbiamo calcolato – ha sottolineato Boeri – che sin qui gli immigrati ci abbiano regalato circa un punto di pil di contributi sociali a fronte dei quali non sono state erogate delle pensioni. E ogni anno questi contributi a fondo perduto degli immigrati valgono circa 300 milioni di euro».
Nell’analisi di Boeri, «la paura che la libera circolazione del lavoro nell’ambito dell’Unione europea si potesse tradurre in turismo sociale, in welfare shopping, ha giocato un ruolo rilevante nel referendum sulla Brexit». In molti paesi, «vi sono partiti che capitalizzano su questi timori» descrivendo gli immigrati come «vere e proprie spugne dello stato sociale. Non c’è evidenza – afferma Boeri – che questo avvenga».
«Chiudersi al resto dell’Europa, chiudere le proprie frontiere è la risposta sbagliata a queste tensioni. Le vere minacce alla protezione sociale vengono proprio da chi vuole impedire la libera circolazione dei lavoratori». Secondo il presidente dell’Inps, la mobilità del lavoro «favorisce anche la crescita soprattutto nei paesi che ricevono gli immigrati, rendendo più facile finanziare lo stato sociale». Ma le preoccupazioni non possono essere ignorate – conclude Boeri – e per questo l’Inps ha proposto alle istituzioni partner in Europa di istituire l’European Social Security Identification Number, un codice di protezione sociale che valga per tutta l’Ue, in modo da permettere la piena portabilità dei diritti sociali e impedire il welfare shopping.
(fonte: LaStampa)