L’imbarazzante attivismo sul fronte dei porti di un governo senza vergogna, in continuità con il turbo leghismo del primo Governo Conte, oltre ad essere illegittimo e pericoloso, è fuori luogo e fuori tempo
La storia si ripete. Il Governo ostacola in ogni modo le operazioni di salvataggio dei naufraghi raccolti in mare, in acque internazionali, dalle navi di alcune ONG. Consente – inevitabilmente – lo sbarco dei “fragili” (all’esito di apposito accertamento medico) ma dispone il respingimento del “carico residuale” (sic!). Solo dopo il richiamo dell’Unione Europea e il deposito di ricorsi all’autorità giudiziaria da parte della ONG Sos Humanity fa marcia indietro, non senza cercare di salvare la faccia con l’escamotage di estendere il numero dei “fragili” il cui sbarco è autorizzato. Questo imbarazzante attivismo sul fronte dei porti, in continuità con il turbo leghismo del primo Governo Conte, oltre ad essere illegittimo e pericoloso, è fuori luogo e fuori tempo. L’Italia attraversa una crisi che sta producendo ulteriori disuguaglianze e povertà e accelerando il disastro ambientale. La guerra ci sta riportando indietro nell’incubo di un conflitto nucleare. Eppure la destra-destra continua senza vergogna la sua propaganda sul terreno di gioco che preferisce, quello del razzismo e dell’invenzione del capro espiatorio.
Che alcune centinaia di persone in cerca di protezione dopo essere fuggite dall’inferno libico, in condizione di pericolo in alto mare (e quindi naufraghi), possano rappresentare un rischio per il nostro Paese, con conseguente necessità di “difendere le frontiere”, come hanno dichiarato alcuni ministri, è davvero ridicolo. Per di più il diritto internazionale obbliga i comandanti a salvare le persone in difficoltà e l’omissione di soccorso è un reato. Portare i naufraghi in salvo nel porto sicuro più vicino (POS, Place Of Safety) è un obbligo. Gli Stati devono collaborare per renderlo possibile.
Non bastava – come hanno fatto a suo tempo il Governo Gentiloni e il ministro dell’Interno Minniti – aver trasferito la responsabilità dei respingimenti, vietati dalla Convenzione di Ginevra, alla cosiddetta guardia costiera libica, inventando una enorme zona SAR controllata dalle milizie libiche. Adesso il Governo Meloni, con un ministero dell’Interno diretto da un finto tecnico che imita il suo predecessore Salvini, prova ad aggirare l’art. 33 della stessa Convenzione, respingendo in parte i naufraghi e inventandosi una divisione tra vulnerabili e non, del tutto arbitraria e fuori da ogni regola. La sovrapposizione, nell’intervento del ministro Piantedosi, tra naufraghi e richiedenti asilo, è usata strumentalmente per giustificare un’iniziativa che punta solo a evitare un altro “caso Hirsi”, cioè la sentenza di condanna nei confronti del nostro Paese da parte della CEDU (2012), per non aver rispettato il divieto di respingimento.
Il diritto internazionale del mare non consente di distinguere nazionalità o comportamenti dei naufraghi che, come tali, devono essere tutti portati in salvo. Una volta a terra possono esprimere le loro legittima volontà di chiedere asilo. E lo Stato deve accogliere le persone che chiedono protezione, secondo quanto disposto dalla specifica Direttiva UE. La responsabilità, secondo il Regolamento Dublino, è del Paese di primo approdo. Su questo punto tutti i governi succedutisi negli ultimi anni, hanno alimentato la retorica vittimista dell’Italia lasciata sola dall’egoismo dei partner. Si tratta di una “falsa evidenza”, cioè di una bugia che tutti ritengono realtà perché ripetuta ogni giorno da anni, senza che sia sostenuta da dati reali e senza contraddittorio. È, in altri termini, una verità che non necessita di dimostrazione.
Su questa retorica si basa ogni ragionamento in funzione di accordi a livello Unione Europea. Si è preferito, in questi anni, siglare accordi parziali per risultati di facciata, con qualche centinaio di persone spostate dall’Italia verso i partner del nord Europa, anziché puntare a una riforma giusta ed efficace del Regolamento Dublino, da realizzare anche a maggioranza, contro l’egoismo e il razzismo degli Orban e delle destre alleate di Meloni e della Lega. Questo approccio, sostenuto anche dalle forze democratiche, ha continuato, di fatto, ad alimentare in Italia dinamiche regressive e di chiusura, a prescindere dalla realtà. Sarebbe auspicabile – anche se non nutriamo molta fiducia su un cambio di marcia sostanziale ‒ che le politiche delle destre xenofobe inducessero finalmente le opposizioni ad assumere posizioni giuste e praticabili.
Fonte: Filippo Miraglia, Benvenuti Ovunque – Osservatorio sull’accoglienza diffusa di migranti e rifugiati